Disegno di legge di conversione D.L.n. 103 del 2009 del 02/10/2009 • Roberto Simonetti

Disegno di legge di conversione D.L.n. 103 del 2009 del 02/10/2009

Inserita sabato, 9 Giugno 2012 | da: roberto simonetti
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ROBERTO SIMONETTI. Signor Presidente, il decreto-legge n. 103 del 2009, sul quale stiamo
discutendo, apporta alcuni aggiustamenti al decreto-legge n. 78 del 2009, giustificati dalla necessità
e dall’urgenza di adottare misure correttive per superare i possibili dubbi interpretativi. Per questo si
è resa necessaria l’emanazione del secondo decreto-legge contemporaneamente alla promulgazione
della legge di conversione del decreto-legge n. 103 del 2009.
Tratta quattro argomenti: il primo riguarda l’energia, reca modifiche che riguardano l’articolo 4 e
interessano le misure di semplificazione per gli interventi di produzione, trasmissione e
distribuzione di energia. Si tratta di un argomento cruciale per la politica di questo Governo.
Infatti, dall’inizio della legislatura lo sviluppo delle reti e degli impianti per la produzione e il
trasporto dell’energia è stato considerato dal Governo come l’elemento base, non solo per svincolare
progressivamente il Paese dalla dipendenza nei confronti dei Paesi terzi per l’approvvigionamento
energetico, ma soprattutto per sostenere l’apparato produttivo e imprenditoriale incidendo, in questo
modo, sulla riduzione dei costi di produzione.
In riferimento al secondo punto, la società Stretto di Messina, il comma 1 è volto a modificare la
norma riguardante la nomina di un commissario straordinario delegato, ai sensi dell’articolo 20 del
decreto-legge n. 185 del 2008, con il compito di rimuovere gli ostacoli frapposti all’avvio
dell’attività della società Stretto di Messina, eliminando il riferimento specifico all’amministratore
delegato della società in carica. La precedente formulazione prevedeva infatti che venisse nominato
commissario l’amministratore delegato della società Stretto di Messina in carica all’entrata in vigore
del decreto-legge.
In riferimento alla Corte dei conti, questo decreto introduce elementi correttivi che recepiscono in
larga misura le osservazioni a suo tempo formulate in sede consultiva dalla Commissione giustizia
del Senato. In particolare, il comma 30-ter dell’articolo 17, che disciplina l’esercizio dell’azione di
risarcimento da parte delle procure regionali della Corte dei conti, era incorso in una seria di rilievi
critici della Commissione giustizia, in quanto la sua formulazione appariva nel complesso foriera di
determinare una tendenziale paralisi delle azioni di risarcimento stesse. La formulazione proposta
dal decreto in esame modifica la definizione della notizia di danno che deve essere specifica e
concreta, e non già specifica e precisa, facendo comunque salva l’azionabilità relativamente a
fattispecie direttamente sanzionate dalla legge. Inoltre, il decreto-legge in esame elimina la
previsione che la procura regionale possa esercitare l’azione di responsabilità solo in casi in cui il
danno sia stato cagionato con dolo o colpa grave, elimina la definizione di danno erariale, prevede
che in caso di azione per il risarcimento del danno all’immagine della pubblica amministrazione,
ferma restando la condizione che sia intervenuta condanna definitiva, sia però sospeso il termine
della prescrizione dell’azione di responsabilità amministrativo contabile fino alla conclusione del
processo penale.
Per quanto riguarda invece il comma 30-quater, che nell’originaria formulazione del decreto-legge
reca l’esclusione della responsabilità contabile se il danno tragga origine dalla emanazione di un atto
dell’amministrazione dello Stato vistato o registrato in sede di preventivo controllo di legittimità, la
norma in esame precisa che l’esclusione della gravità della colpa è limitata ai profili presi in
considerazione nell’esercizio del controllo da parte della Corte dei conti attribuito alla sezione
centrale.
In riferimento invece al rimpatrio delle attività finanziarie, le ampie e articolate discussioni su
quello che erroneamente chiamiamo scudo fiscale si devono necessariamente inserire in un quadro
generale che vede l’Italia ancora ad un livello di tassazione superiore al 40 per cento. Questo dato di
fatto costituisce uno dei gravi motivi di evasione e di elusione fiscale e di fughe dei capitali dal
nostro Paese. Ci troviamo nella condizione di avere un debito pubblico di molto superiore al PIL e
anche quel 40 per cento di tassazione è in realtà purtroppo più alto, perché tutti noi ci rendiamo ben
conto che il livello di evasione oggi presente porta per chi paga le tasse ad un livello di tassazione
superiore al 43 per cento.
Un primo risultato che il rimpatrio ci consente di ottenere è di fare entrare fondi nelle casse dello
Stato, senza aumentare quindi ulteriormente la pressione fiscale sui cittadini onesti, ma colpendo
chi non ha pagato precedentemente. Il secondo risultato è quello di ottenere capitali da investire
immediatamente: se le stime dell’Agenzia delle entrate si confermassero nei fatti, le entrate per
l’erario potrebbero attestarsi attorno ai 15 miliardi di euro. Tali entrate sono senza dubbio un
fondamentale aiuto per la ripresa economica del Paese e consentiranno – è importante ripeterlo – di
non aumentare la pressione fiscale che è la linea maestra che questo Governo ha attuato in tutti i
suoi provvedimenti economici dall’inizio della legislatura ad oggi. Tutte le finanziarie, compresa
quella futura, reperiscono risorse dal taglio delle spese, evitando una nuova imposizione fiscale per
il raggiungimento del pareggio.
Bisogna dire però che questo provvedimento deve essere propedeutico ad una serie di interventi che
creino le condizioni perché sia fermata la fuga dei capitali all’estero. Anzi l’azione del Governo e del
Parlamento deve essere mirata a creare le condizioni per attrarre capitali esteri nel nostro Paese,
creando così nuove occasioni di occupazione e condizioni migliori di sviluppo per il Paese.
Altro problema tipicamente italiano, oltre la pressione fiscale, è di avere un sistema normativo
complesso fatto da provvedimenti che spesso si sovrappongono, generando nei cittadini, ma
soprattutto negli operatori economici, confusione e sconcerto. Fondamentale è, quindi, l’azione che
stanno compiendo il nostro Ministro per la semplificazione Calderoli e il Ministro Bossi per il
discorso legato alla grande riforma del federalismo fiscale e istituzionale. Dovere del Parlamento,
quindi, è di creare norme chiare e proprio nel senso della chiarezza va visto questo provvedimento
correttivo del decreto-legge anticrisi.
Sul tema, da ultimo, bisogna fare una precisazione. La inutilizzabilità a sfavore del contribuente
introdotta non opera per i procedimenti aperti con la giustizia alla data di entrata in vigore della
legge di conversione del decreto-legge n. 78 del 2009. In conclusione, è dovere di ogni Governo e
di ogni maggioranza parlamentare, oltre a formulare una strategia complessiva di medio e lungo
periodo, di saper leggere la realtà con pragmatismo e concretezza, di adeguare la propria linea ai
mutamenti del sistema economico ormai mondializzato.
È proprio in tal senso, alla luce della più grave crisi che il nostro Paese sta attraversando negli
ultimi ottant’anni, che questo provvedimento deve essere letto. Annunciando, quindi, il nostro voto
favorevole, ricordo che il nostro Governo si sta dimostrando a livello internazionale uno dei più
efficienti nell’azione contro la crisi, come dimostrano anche i segnali di ripresa che già vengono
rilevati dagli indicatori economici, come la modifica del DPEF che andrà in discussione al prossimo
punto dei lavori di quest’Aula parlamentare e, soprattutto, come la fiducia che le famiglie ripongono
in quest’azione di Governo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania

 

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