Intervista a tutto campo su LaNuovaProvincia di Biella • Roberto Simonetti

Intervista a tutto campo su LaNuovaProvincia di Biella

Inserita martedì, 27 Agosto 2019 | da: roberto simonetti
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Da La Nuova Provincia di Biella di Paolo La Bua

Da “enfant prodige” della Lega Nord di Umberto Bossi a padre nobile del  nuovo partito di Matteo Salvini. Una carriera iniziata nel lontano 1993 a Mongrando, sotto l’ala protettiva dell’allora sindaco Gino Fussotto, e culminata con due mandati parlamentari e una presidenza provinciale. Poi un giro di stop, fino al ritorno sulla ribalta durate le passate amministrative sotto il Mucrone. E ora un annuncio, importante, da parte di Roberto Simonetti. Ma andiamo con ordine.

Dov’era finito, in questi ultimi tempi?
“Fino alla passata legislatura facevo il parlamentare, parliamo dello scorso 2018”.

D’accordo. E dopo?
“Ho sempre fatto politica, attiva, per il mio partito, la Lega. Senza sosta”.

A Roma aveva un incarico, giusto?
“Sono direttore amministrativo, per la Lega, alla Camera dei deputati. Ripeto: ho sempre fatto politica e  l’attivista  per il partito, anche se non ho cercato di finire sui giornali a tutti i costi”.

Quindi non era un caso quando l’abbiamo vista nella campagna elettorale di Biella e poi durante i festeggiamenti per la vittoria a Palazzo Oropa?
“Direi proprio di no”.

Ci spieghi la scelta di candidare Claudio Corradino.
“Premessa: l’operazione arrivava da lontano, almeno due anni prima. Come Lega avevamo deciso di puntare su di lui, a Biella. Era il nostro turno, rispetto agli alleati di centrodestra”.

L’arrivo del vostro leader e ministro Matteo Salvini ha aiutato parecchio…
“La prima volta in città sì, è innegabile, all’apertura della campagna elettorale per  le elezioni europee. Ma si è trattato dell’ultimo tratto  di un percorso fatto da tante persone. All’interno del partito, dissi, subito, che  questa operazione politica sarebbe stata la più importante nella storia del gruppo dirigente a livello biellese”.

In che senso?
“Deputati e consiglieri regionali ce ne sono stati e, penso proprio, ce ne saranno… Avere il sindaco del capoluogo di provincia è diverso: si trattava di un’occasione decisiva, che poteva non tornare, prestigiosa per tutti. Era un onore e una sfida per dirigenti e militanti. Una sfida difficile e complessa. Per la quale servivano saggezza e capacità. Ce l’abbiamo fatta, con merito”.

La mossa vincente?
“Ribadisco: la scelta di Claudio Corradino abbinata alla nostra proposta  programmatica. Il dato del ballottaggio dimostra che la forza del partito sul territorio c’è stata. Non nego l’importanza dell’onda trainante della politica nazionale, ma senza la credibilità della nostra proposta non sarebbe bastato”.

Avete vinto per trecento voti.
“Vero. Ma partivamo da un 40% contro il 60% che si era unito contro di noi. e va tenuto conto che la coalizione ha tenuto, al ballottaggio, gli stessi numeri del primo turno. Un dato storico e statistico insolito per quanto riguarda l’elettorato di centrodestra, che solitamente si disperde nel ritorno in cabina elettorale”.

Lei che ruolo ha avuto nella partita?
“Io non sono molto social. Credo anche che un politico vero non possa sminuire il proprio ruolo cercando facile notorietà sui giornali, con foto e comunicati stampi copiati. Sono per il lavoro dietro le quinte. Io questo senso, per dire, ho sempre lavorato per creare una vera e propria classe dirigente locale. Se oggi governiamo a Biella e a Cossato, abbiamo consiglieri e assessori regionali e un deputato a Roma vuol dire che ho creato un  gioco di squadra al di là della mia carriera politica”.

Sua moglie Barbara Greggio viene indicata come assessore di grande spessore e rappresentanza nella giunta Corradino. Com’è nata la sua candidatura?
“Un’iniziativa di Claudio. Me ne parlava spesso. Gli ho detto: chiediglielo. Io né mi oppongo né la sollecito. Decida lei, dissi. La scelta E’ maturata per la sua professionalità e competenza rispetto ai temi del turismo, commercio,  della moda e del marketing territoriale. Argomenti che conosce bene”.

Dopo neanche un mese la giunta si è aumentata lo stipendio. Non proprio una gran mossa…
“Non condivido. Hanno fatto bene”.

E perché?
“Chi fa politica bene, non può lavorare pressoché  gratis. I risultati da volontariato vanno bene per il volontario. Chi prende uno stipendio invece deve dare risultati adeguati e risponderne, in questo caso, ai cittadini. E’ un discorso di rispetto del ruolo della politica e delle istituzioni. Questa storia dei soldi mi pare una battaglia di terzo o quarto grado”.

Magari potevano aspettare sei mesi, il tempo di mostrare alla città l’annunciato cambiamento.
“Ripeto: non sono d’accoro. E non lo ero neanche quando l’operazione del taglio degli stipendi fu fatta dall’allora sindaco Dino Gentile, che tagliò anche il numero degli assessori. Fu un’operazione populista, in un clima contraddistinto dalle crescenti posizioni del Movimento 5 Stelle. Risultato? Gentile prese qualche applauso subito, poi perse le elezioni con Marco Cavicchioli un paio di anni dopo”.

Sicurezza e pulizia della città bloccate per le ricadute di “Quota cento”… E’ parso surreale.
“Non è proprio così”.

E com’è?
“Credo che qualche titolo di giornale sia stato fuorviante. La verità è che, semplicemente, per via delle riforme volute dal governo Monti, il rinnovo del personale è più lento e macchinoso rispetto alle esigenze dei Comuni. Anche a Biella questa situazione crea problemi nel ricambio generazionale dei dipendenti. Colpa della famigerata austerity”.

Insomma è sicuro che Corradino farà bene.
“Sono sicuro che potrà dare una prospettiva alla città, una nuova via per il suo sviluppo e rilancio. Condivido il programma ed il suo voler collegare il Biellese all’esterno, sia come infrastrutture sia mediaticamente. Perché si può fare il collegamento autostradale e l’elettrificazione della Biella-Santhià con anche l’alta velocità al Brianco (due ottime iniziative) e poi? La partita fondamentale è infatti che Biella diventi appetibile, più di altri capoluoghi provinciali. Quindi il discorso del posizionamento mediatico del territorio a livello italiano sarà strategico. Qualità della vita. Cultura. Cucina. Bellezze naturalistiche e altro ancora. Sono tutti aspetti che da soli non sono sufficienti per rendere competitivo il Biellese, ma tutti insieme possono risultare vincenti. Poi c’è l’idea della città della moda, termine evocativo che porta con sé un immaginario prestigioso e internazionale. Posso fare un
esempio?”.

Prego.
“Buonanno ha fatto diventare Varallo una “città d’arte”. E attorno a questa idea, ha fatto girare tutto il resto. La pubblicità con Sgarbi ed il Sacro Monte, ma non solo. Anche arredo urbano, viabilità, pulizia, sicurezza e altro ancora. E penso ad un nuovo piano regolatore per l’edilizia e lo sviluppo industriale. Pezzi che da soli non potevano portare a grandi risultati. Tutto insieme, invece, hanno proiettato la piccola cittadina in un contesto prestigioso e ben oltre i propri piccoli confini. Biella deve fare altrettanto”.

Speriamo. Non posso non farle la domanda delle “cento pistole”: rifarebbe la scelta di lasciare la presidenza della Provincia di Biella, per restare deputato?

“Chiedo di fare un passo indietro”.

Prego.
“Nell’aprile del 2009 Roberto Cota mi telefonò e mi disse che ad Arcore Bossi e Berlusconi avevano deciso che Biella andava alla Lega, quindi toccava a me candidarmi. Io ero già deputato a Roma, facevo un altro lavoro. E dissi che non ero d’accordo. La quesitone dell’incompatibilità delle due cariche, tra l’altro, era già nota. Provai a far valere le mie ragioni, ma il partito non poteva certo rimettere in discussione gli accordi presi. E per spirito di lealtà accettai. Quello è stato il mio errore. Di cui sono l’unico responsabile. Me ne assumo la responsabilità e so che mi sarà sempre rinfacciato da qualcuno”.

Dopo di lei ci fu il commissariamento e la presidenza di Emanuele Ramella Pralungo, del Partito Democratico, che gratis ha governato l’ente.
“La narrazione di questa vicenda è contro di me. Ma obiettivamente io, che responsabilità avevo? Tutti i problemi economici di allora vennero per via dei tagli da parte del governo centrale, mica per la mia gestione amministrativa. Quando lasciai la presidenza il bilancio era in attivo di circa 80 mila euro. Il commissario Ciuni, basta rileggere la rassegna stampa di allora, parlò di insolvenza da parte dello Stato. Una situazione che si è poi aggravata con Mario Monti, che ha proseguito l’operazione di tagli agli enti locali. Aggiungo che l’ente aveva fatto importanti investimenti strutturali, con relativo indebitamento fisiologico. Arrivando la politica di austerità i debiti erano recenti e quindi tutti lì da pagare. Vercelli, invece, li aveva spalmati su più anni. Ma parliamo di investimenti non certo di gestioni dissennate da parte di qualcuno: collegamento del Maghettone e sottopasso di Candelo, per citare due facili esempi. Questo valeva per me ma, riconosco, anche per i miei predecessori Marsoni, Scanzio e Scaramal”.

E’ sempre colpa di qualcun altro, insomma.
“Io non ho detto questo. Ma posso aggiungere questo aspetto, paradossale: il dissesto dell’ente provinciale ha portato ad una politica di minori tagli da parte dello Stato… Vercelli rispetto a Biella, anche di recente, ha visto ridursi e di molto i contributi. Biella no. Nessun merito, ma queste sono le norme che la dicono lunga sulla situazione nella quale mi trovai”.

La crisi del Governo l’ha sorpresa? E soprattutto il Governo, terrà?
“Il Governo è nato in un contesto di grande anomalia. In un anno ci si è confrontati su fantasia e realtà. Noi sulla realtà i 5 Stelle sulla fantasia… Un esempio? Il nuovo salario minimo orario, se lo si applica, rischia di far guadagnare meno i dipendenti. Per non parlare del reddito di cittadinanza, che viene percepito immeritatamente e non risolve alcunché. La mia lettura dei fatti, comunque, è che la rottura non sia avvenuta sulla “Tav”. La vera rottura è stata sull’elezione di Ursula von Der Leyen alla presidenza della commissione europea. Non ho capito perché i 5 Stelle l’abbiamo fatto, votando insieme al Partito Democratico”.

Mettiamo che in autunno si voti. Lei si candida?
“Il partito è dato nei sondaggi al doppio di quanto abbia preso nel marzo 2018. C’è insomma la possibilità di eleggere più persone. Non nego di essere interessato e disponibile, alla luce della mia esperienza. Non vedo ostacoli ad essere nella rosa di nomi che la Lega provinciale sottoporrà a Molinari a Torino e poi direttamente a Salvini. Senza pretendere foto sui giornali, ho lavorato per “quota cento” e l’autonomia delle regioni, tra le altre cose. Penso di essere all’altezza di un ruolo importante e complesso come quello di rappresentare il Paese in Parlamento”.

E Cristina Patelli?
“Quando si interrompe una legislatura al suo inizio, di solito si concede agli eletti una seconda possibilità. Questa  è una decisione che spetta ai vertici del partito”.

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